Esortazione al Servizio Pastorale RnS


Partiamo da una realtà incontrovertibile, in ogni comunità risiede una profezia, che la stessa comunità deve saper assumere e incarnare, ma che, comunque, non prescinde mai dalla realtà umana che la caratterizza.
In parole semplicissime, il Signore ha un progetto per ogni   comunità, in base alle caratteristiche delle persone che la formano, e tra di queste, ha già scelto le persone che saranno il tramite per la realizzazione di questo suo progetto.
Pertanto la prima cosa che bisogna evitare, e quella di pensare di non essere adatti a ricoprire un incarico pastorale, o di non avere sufficiente formazione, o pensare di non poter dedicare tempo sufficiente all’incarico.


Tutto sbagliato, le persone che lo Spirito sceglie, hanno tutto, il Signore le sceglie perché adatte, e perché penserà  Lui a renderle capace e quindi ad appianare tutte le difficoltà. Lo Spirito non fa ma nulla di sbagliato, piuttosto siamo noi che sbagliamo a volte prima di essere scelti e purtroppo qualche volta, anche dopo di essere stati scelti.
Nella storia della salvezza, mai Dio è venuto meno al patto di alleanza fatto con l’uomo, lo stesso non possiamo dire di noi.
Personalmente penso che c’è un solo motivo che giustifica una autoesclusione, ed è il non voler bene alla comunità e ai fratelli……..immagino che risulti duro questo mio parlare,  ma se uno ama  e dice di credere……l’unica risposta che può dare è ……..eccomi Signore
La missione profetica che la comunità deve assumere non è qualcosa che cala dall’alto, non è il frutto della sensibilità dei responsabili che decidono dove e come indirizzare la comunità mettendo in campo i loro progetti preconfenzionati,  ma è un atto d’obbedienza alla volontà di Dio che passa, inevitabilmente, dall’ascolto  umile prima di Dio e poi dei reali bisogni dei fratelli e delle sorelle che costituiscono la comunità.

La comunità non ha bisogno di “funzionari “ delle cose di Dio , o di manager fantasiosi, ma di responsabili che si prendano, sinceramente e umilmente, cura degli altri.
Un gruppo, una comunità, non possono crescere, sia dal punto di vista spirituale che umano, senza guide spirituali che sappiano fare il  bene di ciascuno, attraverso  quell’attenzione particolare che il ministero pastorale richiede. 

Certamente stare vicino ai fratelli, farsi loro compagni di viaggio, è un compito importante e affascinante ma allo stesso tempo è un compito esigente poiché né va della crescita di chi lo svolge e di chi ne beneficia. Proprio per questo il divenire pastori è una chiamata da parte di Dio che si esplicita in forme diverse, sia a livello personale che comunitario, ogni comunità avrà i pastori che Dio vuole. 

Dio continua a chiamare ed inviare in mezzo al suo popolo guide e pastori secondo il suo cuore ( cf Ger 3,14) comunicando, per mezzo dello Spirito Santo, tutti i doni necessari per adempiere a tale mandato. E questo si realizza attraverso  i fratelli, che sotto l’azione salvifica dello Spirito Santo si fanno strumento della scelta dei pastori.
Insieme ed in via più stretta , siamo chiamati ad essere servi per amore e nella libertà; siamo tutti corresponsabili della crescita gli uni degli altri.
Per adempiere a tale compito, ogni membro del popolo di Dio è dotato di un carisma particolare per l’edificazione comunitaria (cf 1 Cor 12,1ss). Tutti siamo carismatici ma non tutti siamo chiamati ad adempiere i medesimi ministeri, 
infatti, la  comunità non vive di sola pastoralità o profezia, ma necessità di una multiforme varietà di ministeri tanto quanto sono le diverse esigenze della comunità.
Ed in ogni comunità sottomessa all’azione dello Spirito Santo, i carismi nella loro diversità fioriscono e concorrono all’edificazione di tutto il gruppo, è certamente il Signore per ogni comunità ha preparato i pastori che la guideranno.
Nessuno assume un ministero dall’oggi al domani, infatti, se lo Spirito Santo agisce, liberamente e gratuitamente, distribuendo i carismi a prescindere dalle nostre capacità o meriti, è pur vero, che ogni autentico esercizio carismatico richiede un grande lavoro di preparazione e di maturità umana.
Per questo motivo l’apostolo Paolo consiglia, all’interno delle lettere pastorali, di non affidare compiti di responsabilità a chi è neofita cioè immaturo e, pertanto, non in grado di sostenere il peso del ministero.
Senza voler cedere a forme di perfezionismo, soprattutto in fase di scelta delle guide di una comunità, bisogna, comunque, evitare scelte superficiali e approssimative, del tipo, ti voto perché  siamo amici o perché con te mi trovo meglio piuttosto che un altro o magari semplicemente per simpatia.
IL superamento di tale tentazione avviene , sia in maniera soggettiva, ma anche comunitaria,  soltanto all’interno di un discernimento fatto sotto l’azione dello Spirito Santo.
Mi rifiuto di pensare, alla possibilità, che un gruppo, affidi il futuro comunitario ad una mera scelta carnale, il solo pensiero che possa succedere di entrare in competizioni umane, anche se permesse da Dio, porteranno solo frutti amari di divisione, che alla lunga debiliteranno il gruppo, e lo costringeranno a divenire solo luogo di contesa e di sfida.
La scelta comunque  dei responsabili non dev’essere intesa esclusivamente da un punto di vista dottrinale, ovvero non è necessario che siano teologhi, certamente è richiesto anche un minimo di preparazione sulla parola di Dio, e nemmeno bisogna confondere il carisma del governo con quello dell’animazione della preghiera, perché sono carismi completamente diversi, ….ma nemmeno ai fini del discernimento, si assolutizza il criterio del fare e dell’efficienza, non perché un fratello o una sorella sono attivi all’interno della comunità, già vanno bene solo per questo.


Ogni autentica pastoralità non può prescindere dallo stile di vita di Gesù Buon Pastore (cfr Gv 10,1ss), dalla sua umanità, dalla sua capacità di accogliere e di avere  compassione, la sua umiltà, la sua disponibilità a mettersi dalla parte dei piccoli, presentandosi come fratello tra fratelli. L’esempio di Gesù deve essere incarnato dalla comunità cristiana, cosi come attesta l’apostolo Paolo. 

Il buon Pastore non guarda altrove, fuggendo dalla fatica di amare e dal servire la comunità reale che è fatta di fratelli e sorelle che nella migliore delle ipotesi sono cariche dei loro problemi reali. Papa Francesco quando parla della Chiesa, la paragona ad un grande ospedale da campo, e gli ospedali accolgono di tutto, malati lievi, malati gravi, moribondi, ed anche quelli che le malattie sanno contagiarle bene.


Il buon Pastore non distoglie gli occhi, perché oltre che curare deve anche difendere il gregge dai serpenti velenosi e dai lupi affamati.
Ogni vero progetto comunitario non deve scaturire da idee personali, da aspirazioni, seppur belle e legittime, che i responsabili possono nutrire e desiderare di realizzare, ma dall’ascolto attento dei bisogni reali della comunità.
Come vi dicevo, lo Spirito Santo ha già scelto i fratelli che devono guidare il vostro gruppo, a voi non resta che essere la creta nelle mani del vasaio, docili alle sollecitazioni di colui che non si stanca di creare e di far crescere, certamente al Signore preme la salvezza di ogni figlio di questa comunità, preme che altri si aggiungano e sul vostro esempio vi seguano e vi superino nel cammino, ognuno di voi è importante per Gesù e tutti avete lo stesso valore perché acquistati dal sangue versato di Cristo, non addolorate il Signore pensando di non essere all’altezza del suo amore e del suo progetto di salvezza. Siamo unici , solo un po’ , poco meno degli angeli, rivestiti da Lui di onore e di gloria.
Fratello , Sorella, non dubitare di te, se il Signore ti chiama, rispondi nella gioia eccomi, se invece chiamerà il fratello che siede accanto a te, gioisci ancora di più e benedici il Signore, perché Lui non sbaglia mai.

15-5-2015  
Esortazione ai fratelli di Nubia, 
in preparazione alle elezioni pastorali                    NDP



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